Il mercatino

A ottobre si è presentata l’occasione per fare il mio primo mercatino a Berlino. Ero entusiasta all’idea di fare il mercatino! Ho preparato impulsivamente un numero spropositato di stampe dei miei disegni.
Il mercato… tra la gente che tocca le cose, che guarda, che chiede. Chi avrebbe mai detto che sarei approdata in questa zona così completamente sconosciuta, e per di più a Berlino…
Non potevo immaginare che questa esperienza, il mercato tra la gente, avrebbe avuto esito disastroso, con risvolti brutali.

Amici miei, se mi seguite su Instagram lo sapete già, non solo nessuno ha comprato le mie stampe, ma la gente non si fermava nemmeno a guardare. Nonostante, per attirare l’attenzione, avessi messo su un piccolo cavalletto un originale, forse il più dettagliato e accurato dei miei ritratti realistici: “Pride”. Pride è un ritratto che sui social ha riscosso tantissimo interesse, ma che lì, esposto al mercato, è passato letteralmente inosservato.
Fiumi di gente transitavano davanti al mio stand indifferenti.
Sembrava invece che tutti fossero interessati allo spray per neutralizzare l’odore della cacca, esposto nello stand a fianco. Si fermavano a chiedere, ridevano, chiacchieravano allegramente, e compravano lo spray per profumare il gabinetto. Un tale ne ha comprati 5 in una volta! E dire che non costava poco, ma aveva un packaging super cool. Lo avvolgevano nella carta velina nera e poi lo infilavano nella scatola, spargevano sopra qualche petalo di rosa, chiudevano e riponevano il tutto in una bustina di carta con manico di spago. Tanto ha venduto questo tizio dello spray per profumare il cesso, che a fine giornata, mentre stavamo smontando, vedendomi assai affranta, è venuto ad abbracciarmi e ha tentato di consolarmi.
Quindi… non solo non avevo venduto niente, ma avevo anche la compassione del tizio che vendeva lo spray per il gabinetto. Il mio amor proprio era a pezzi, e anche la mia schiena, considerando che per tornare a casa ho dovuto trascinarmi dietro pure una sedia.

Devo confessare che, tornata a casa, mi sono gettata tra le braccia di mio marito, maledicendo la vita da artista in tutte le sue forme. E, dopo aver concluso la nostra routine serale con i bambini – pigiamini, dentini, favola e a letto -, quando in casa è calata la quiete, mi sono lasciata cadere sul letto in preda a terribili dubbi. Cosa sto facendo? E, soprattutto, perchè lo faccio? Non potevo avere anch’io un lavoro normale?
E soprattutto, cosa offriva questo spray per il gabinetto di così speciale? Oltre al tizio che sapeva agganciare la gente e parlare di puzza di cacca a mezza voce, tra risatine birichine, come fosse un buffissimo segreto tutto loro… oltre a questo, doveva esserci qualcosa di più, qualcosa di essenziale.. Lo spray per il gabinetto offriva la possibilità di tornare a parlare di cacca, di ridere della cacca, come fanno i bambini. Aveva anche il magico potere di neutralizzare il nostro stesso “essere umani”, cancellare gli odori, trascendere la condizione miserabile delle nostre funzioni corporee. Lo spray, col suo packaging super cool, portava con sé una promessa di divinità.

Quanto a me e ai miei disegni, riflettendoci a freddo, mi rendo conto che avevo fatto un grave errore di valutazione. Avevo portato le mie opere in un contesto in cui fiumi di persone circolavano spintonandosi, si accalcavano con bibite in mano, con panini ripieni di wurstel, si godevano il fine settimana spensierati. E non erano, probabilmente, nella disposizione di soffermarsi a contemplare dettagli sottili, sfumature leggere, per di più in bianco e nero, quindi a povero impatto visivo, che in quell’ambiente ricco di stimoli non riuscivano a spiccare.
Già da tempo stavo considerando di inserire nelle composizioni dei miei disegni elementi colorati dal forte impatto visivo. Ma a quel punto, dopo il mercato, tornare al colore mi era sembrata una questione urgente!

Il colore avrebbe dato alle opere uno strumento in più per attraversare il loro arco di vita imprevedibilmente lungo. Avrebbe dato loro la possibilità di agganciare l’occhio del passante distratto. L’eccentricità del colore come ponte per accedere a un livello di contemplazione più quieto, dove si trovano i dettagli, le linee controllate, le sfumature realizzate con micro-tratteggio.

Nei giorni successivi, mi resi conto che la frustrazione, l’umiliazione cocente, stavano aprendo una corsia preferenziale verso una consapevolezza più lucida di ciò che mancava, di ciò che avrei potuto fare per rafforzare l’impatto visivo dei miei disegni.

Con questo non voglio dire che il mercato sia stata un’esperienza positiva. Non lo è stata.
E dirò di più. Specie noi artisti, che abbiamo un legame emozionale con i nostri prodotti, dovremmo stare molto attenti a errori di valutazione come questo. Dovremmo valutare con attenzione il contesto dove andare a proporre le opere, proprio per evitare quel tipo di corto circuiti energetici, che derivano da situazioni che feriscono l’amor proprio. Bisogna considerare che “tenere botta” in certe situazioni richiede energia, e non è facile nei giorni successivi risollevarsi e rimettersi a creare. Il rischio di incorrere nel blocco creativo è sempre dietro l’angolo.

Dopotutto, con il passare del tempo mi sono specializzata nel trovare un modo di guadagnare anche dalle cadute più rovinose. E credo davvero che il mercato mi abbia aiutata a mettere più impegno in un processo di rinnovamento che stavo già considerando. E allora grazie, mercatino di m*r* (nel vero senso del termine).
E, come sempre, grazie Berlino. La mia Berlino bastarda, che ogni tanto mi tira una bastonata per scuotermi dal mio torpore, e mi offre sempre preziose occasioni di crescita.

Grazie anche a te per esserti sintonizzat* su questi miei frammenti di vita. Se vuoi restare aggiornat* sui miei contenuti, lascia qui sotto la tua e-mail e ci terremo in contatto. Alla prossima!

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