Negli stati profondi della coscienza la farfalla ha un volo inquieto. Ma qui non vola, è aperta su un piano di sezionamento. Ha ali nervate e trasparenti che si sovrappongono.
Ho disegnato questa farfalla quando sono approdata a Berlino, nel 2011. Non sapevo ancora cosa avrei fatto, dove sarei andata… Ero spiantata, spaesata, e allo stesso tempo entusiasta di ritrovarmi a quel modo, sradicata dalla mia zona di comfort.
Vivevo in un l’appartamento quasi privo di mobili, con altri inquilini. Avevamo solo l’essenziale e non c’era spazio, in quel contesto, per i miei innumerevoli tubetti di colori ad olio, per i cassetti colmi di pennelli d’ogni tipo, per il cavalletto in legno massiccio, per le tavole grande formato.
Mi restava solo una matita. Leggera, economica, sempre a portata di mano: lo strumento nomade per eccellenza. Fu lì che affidai il mio percorso artistico alla punta di una matita, e fu anche lì che iniziai a sentire la sottile tentazione di trascendere il puro realismo, e di mettermi scomporre e desezionare i soggetti.
Questa è una farfalla, non sembra niente di più. Ma per me è un simbolo di transizione, e racchiude in sé i presupposti di una trasformazione importante, sia personale che artistica.